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La Tobin tax anti-speculazione
Un'idea rimasta nel cassetto

di Vittorio Carlini

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9 marzo 2010
Adair Turner, presidente della Fsa (Consob inglese)


La notizia l'aveva data l'agosto scorso il Financial Times. Il foglio rosa, in apertura, titolava che il presidente della Fsa (la Consob inglese) non sarebbe contrario all'introduzione di una Tobin Tax per "calmierare" gli eccessi della finanza, soprattutto quella legata alle banche. Una «suggestione», quella di Lord Adair Turner, i capo dei watchdog inglesi, non inascoltata. Almeno per quel breve periodo di tempo necessario per conquistare una qualche prima pagina di giornale. Così Nicolas Sarkozy, pochi giorni dopo, aveva sottolineato la necessità di «adottare una tassa internazionale da applicare ad ogni transazione finanziaria». Una mossa che servirebbe per contrastare la speculazione nel breve termine stabilizzando i mercati e favorendo scelte di lungo periodo. Lo stesso Joaquin Almunia, allora Commissario europeo agli Affari monetari, aveva detto: «È un'idea eccellente, ma nessuno sa come attuarla. Per renderla praticabile bisogna prima pensare a come renderla operativa». E anche il cancelliere tedesco Angela Merkel aveva dato il suo sostegno teorico.

Insomma, capi di stato e politici europei sembravano diventati "no global". Davano il loro sostegno ad una proposta partita dalla preoccupazione che, messo alle spalle il periodo più scuro della crisi, «tutto potesse tornare come prima». «Se si vuole fermare gli eccessi nei salari pagati da un sistema finanziario gonfiato - era il pensiero di Turner - bisogna ridurre l'importanza del settore o applicare particolari tasse». Non è importante stare a discutere sui bonus dei banchieri, che «è ormai un discorso populista», bensì bisogna intervenire alla radice. Con un'imposizione, appunto. E perché no, non pensare a una sorta di Tobin Tax.

Cos'è la Tobin Tax

La considerazione non era di poco conto. La Tobin Tax, dal nome del suo ideatore il premio nobel per l'economia James Tobin, è un balzello che dovrebbe colpire, in maniera limitata, tutte le transazioni (nell'idea originale era pensata solo per le valute) sui mercati finanziari. Il fine di questa tassa? Stabilizzare i mercati stessi, penalizzando le speculazioni a breve termine, e contemporaneamente riuscire a raccogliere risorse da destinare da destinare alla comunità internazionale.

Si tratta di un'impostazione che, quasi dall'inizio della nascita del movimento, è diventata una delle bandiere dei "No global". Anche se, a onor del vero, Tobin non è mai stato contento dell'accostamento al movimento "No global": «Sono un economista - ha più volte detto - Per questo sono favorevole al libero scambio e sostengo istituzioni come il Fondo monetario internazionale o il Word trade organization».

Una proposta caduta nel vuoto
Ovviamente, nel giro di poco tempo la proposta è caduta nel vuoto. Da un lato c'è stata la reazione del mondo bancario, in primis quello inglese. Seguito da quello americano. Poi, lo stesso mondo politico, non insensibile ai richiami dei banchieri, ha dimenticato la cosa: «Ne abbiamo parlato, ma non fa parte del linguaggio condiviso», è stato il commento del presidente di turno Ue, Fredrik Reinfeldt, al termine di un vertice dell'Unione di pochi giorni successivo alle dichiarazioni di Sarkozy e di Almunia. La Tobin tax è tornata nel cassetto.

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9 marzo 2010
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